Articolo di Riccardo Rovati – Acli Pavia APS
In questo momento tempestato da vecchie nuovi conflitti, mi sembra doveroso prima di tutto aprire il nostro contributo al Congresso regionale con un pensiero dedicato alla pace: parola che risuona sempre meno in queste giornate drammatiche, in cui l’assuefazione alle notizie sembra vincere sulla drammaticità degli eventi, ma la preoccupazione per la pace fa parte della cultura aclista e cristiana.
Per questo occorre compromettersi, provare pietà per i fratelli e le sorelle che non hanno nessun motivo per essere meno fortunati di chi a casa, cibo, tranquillità, indignarsi con chi sembra non dare il giusto valore ad una vita giusta.
Temo che l’incessante scatenarsi di atrocità della guerra sia la prefigurazione di un mondo in cui, incapaci di affrontare insieme la catastrofe ecologica e l’ingiustizia generale, l’uomo ripieghi sui conflitti per coprire impotenza a guardare avanti.
Ed è per questo che non possiamo che gridare, nella piena consapevolezza della nostra debolezza, inadeguatezza e vigliaccheria, la parola che riconcilia gli uomini tra di loro, con la vita e l’ambiente naturale tutto è che è l’unica azione che apre spiragli per il futuro: la pace ora e ovunque. Se è vero che il mondo necessita di un nuovo pensiero capace di leggere, interpretare e modificare gli effetti destabilizzanti e pericolosi degli ultimi anni, risultato di un mondo che cambia velocemente senza direzione, è altrettanto vero che la pace è la precondizione per sviluppare tale pensiero e che deve essere obiettivo e missione permanente delle persone di buona volontà e della vita dei cristiani, tanto più aclisti.
In un secondo tempo vorrei far riferimento alla competizione globale che questo nostro tempo spinge le aziende alla ricerca del massimo profitto per i loro azionisti e proprietari per i quali la localizzazione diventa il fattore determinante per minimizzare i costi.
In moltissimi paesi il costo della vita e del lavoro sono più bassi, le condizioni di contesto quali il costo dell’energia, la tassazione, la regolamentazione della sicurezza, la tutela della salute e del lavoro minorile e femminile, la logistica, fanno sì che non ci sia che l’imbarazzo della scelta per l’insediamento di imprese e multinazionali.
Ora, faremmo male a lasciarci andare a facili indignazioni, perché in questa società siamo lavoratori ma anche consumatori e ci sono azioni che possiamo e dobbiamo fare: quando il mantenimento del posto di lavoro diventa una battaglia persa occorre proteggere i lavoratori sia con gli ammortizzatori sociali ma soprattutto con formazione, riqualificazione professionale per facilitare l’incontro verificando per ogni tipo di professione e di zona del paese la presenza di posti di lavoro vacanti e stimando i tempi nei quali è possibile trovare un nuovo lavoro.
Occorre che le politiche industriali favoriscano tali processi con opportuni incentivi ed occorre affrontare il tema dei costi energetici, dei contratti di lavoro, occasione straordinaria dell’innovazione dove i principi dell’economia civile, derivanti dalle esperienze della cooperazione, della compartecipazione e della concentrazione, portino a guardare non solo a livello dei salari ma valorizzino la qualità e la dignità del lavoro e delle persone, valorizzino il welfare aziendale, la possibilità di forma di forme assicurative sanitarie molto importanti quali quelle sulla non autosufficienza, valorizzino la flessibilità, i tempi di lavoro e il lavoro agile affinché il valore aggiunto della contrattazione non sia solo quello salariale, soggetto alla concorrenza globale, ma anche l’originalità di utilizzare strumenti differenti. E qui occorre anche un impegno forte delle amministrazioni pubbliche che devono ripensare le regole degli appalti, e di noi tutti cittadini che dobbiamo pensare al consumo responsabile di prodotti ad alta dignità di lavoro.
Occorre quindi a tutti noi individuare le vie per rendere i tempi decorosi per cittadini, consumatori, lavoratori ed imprenditori e soprattutto per chi ha meno risorse e qualifiche.
L’obiettivo deve essere quello di dialogare in modo sempre più fecondo su questi temi con la classe politica e con i pezzi del Paese disperati, isolati e alla deriva e, per farlo, non possiamo che partire laddove troviamo le persone, ossia dai nostri circoli, sentinelle sul territorio che quotidianamente ci aiutano a dare risposte ai problemi di oggi quali la lotta per trovare lavoro e per tutelare la salute, trovare risposte sulla sanità di fronte a una domanda che, in una popolazione che invecchia, rischia di diventare progressivamente infinita, rinnovare l’impegno verso la povertà e le disuguaglianze, accorciare i tempi delle politiche socialmente sostenibili sulla transizione ecologica, supportare le strategie per la soluzione di conflitti, la distribuzione equa dei benefici dell’innovazione dell’intelligenza artificiale, tutti i problemi e tempi locali e globali che però hanno ripercussioni sul nostro quotidiano.
Volgendo lo sguardo al nostro interno, credo sia utile ribadire la necessità di “far fronte” alle crescenti necessità delle nostre comunità accompagnandole nei processi di consapevolezza della partecipazione alle scelte.
Per fare questo al meglio, occorre mettere in campo variegate e plurime forme organizzative che sappiano far crescere le singole rivendicazioni in un’ottica di pensiero più ampia in cui le singole risposte siano parte di una strategia e di risposta ai problemi, tutt’altro che ultimo quello della sicurezza sul lavoro.
Per questo ritengo necessario organizzarsi affinché tutti i dati rilevati dal sistema possano essere spesi concretamente anche a livello locale. Ma per far questo occorre trasferire a livello locale quanto il ricco sistema aclista elabora ai livelli più alti regionali e nazionali, occorre costruire pensieri occasioni in cui necessariamente si pensa all’azione mentre si agisce e, nel contempo, si riflette sulle possibilità di nuove azioni e punti di vista differenti.
Occorre anche superare le idee divise di “un noi” e di “un loro” per trasferire ciò che abbiamo vissuto e conosciuto condividendo esperienze sia nuove che storiche delle ACLI, come fossero “gocce dello stesso mare”?
Sappiamo che non esiste una sola formula, un solo organismo sociale e politico, un algoritmo risolutivo.
Non c’è una risposta, ed è proprio nelle fatiche di questo impegno continuo, che abbracciamo le parole di Don Ciotti, che sintetizziamo nel “qui ed ora” nell’essere “insieme e in cammino”.
E proprio dentro questo cammino da percorrere insieme, come nuovo Consiglio provinciale in fase congressuale abbiamo identificato i seguenti più punti chiave che potrebbero essere determinanti e vissuti a livello regionale:
1. costruire una nuova visione e un più intenso “collegamento con i circoli”, cuore e pensiero delle ACLI nel territorio, affinché il cammino associativo sia vissuto insieme con continuità appunto
2. valorizzare e diffondere la positive esperienza degli “sportelli lavoro”.
3 . rinvigorire il rapporto con il “mondo ecclesiale”, promuovendo collegamenti sinergici e strategici di sostegno agli ambiti parrocchiali.
4. rafforzare il legame tra i servizi del sistema ACLI e l’associazione, avendo cura di far crescere le professionalità del “saper fare” con il “saper stare” nella dimensione aclista, rinnovando l’impegno storico di fare impresa dentro un contesto di valori aclisti, mantenendo così la sinergia tra le dimensioni sociale politica e quelle imprenditoriale
5. progettare e realizzare un nuovo “modello organizzativo di governo gestione delle ACL”I” che sappia rispondere alle esigenze operative e sociali sempre più complesse, che promuova la partecipazione e condivisione interna tra le varie componenti del movimento, che sappia sviluppare reti e nuove relazioni sul territorio, che generi attrattività nei confronti di tutti coloro che si avvicinano all’esperienza aclista, anche attraverso la riqualificazione delle nostre realtà storiche verso le nuove forme di impresa sociale.
6 . accompagnare la società del sistema, nel processo statutari di rinnovo delle responsabilità al loro interno, anche attraverso un modello più collegiale dove le deleghe dei membri di Presidenza del Consiglio provinciale possono essere effettivamente esercitate nel quotidiano della vita associativa.
7. impegnarsi nella formazione, come mezzo per la crescita delle persone che si spendono nel terzo settore e ai vari livelli, avviando percorsi strutturati di “formazione sociale” per contribuire con la forza della formazione culturale e civile alla costruzione del basso e alla ricerca di nuove sinergie indispensabili per raggiungere l’emancipazione dei soggetti più deboli. Coinvolgere, attraverso specifiche intese, attori esterni con cui sviluppare percorsi di Cooperazione sui temi della responsabilità e della partecipazione.
8. individuare figure nuove, in particolare i giovani, in affiancamento ai volontari più esperti, memorie di questo cammino delle ACLI, coinvolgendole in un’esperienza comune, per disegnare un nuovo volto delle ACLI con l’obiettivo di combattere questo tempo di dispersione di valori con una risposta di partecipazione, cogliendo le attese, le sperimentazioni, i nuovi bisogni per fare delle nostre ACLI uno “spazio aperto ed accogliente” verso nuove possibili partecipazioni individuali e di gruppo.
9. riaffermare il valore della democrazia come mezzo d’azione e, in generale, come valore bene più grande che unisce ma che deve essere vissuto, ribadito e custodito perché la democrazia deve essere vissuta nella sua essenza e sostanza anche attraverso la promozione dei momenti di crescita e riflessione di proposte e stimoli culturali e una continua formazione che faccia riferimento anche alla dimensione spirituale della vita.
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